Nell’ultimo scritto di padre Rosino, il breve e prezioso Meditazione sulle realtà ultime, pubblicato da Queriniana nel 2018, ma scritto qualche anno prima e conservato con molta riservatezza dall’autore, viene citato un lungo pensiero che Karl Rahner aveva proposto ai suoi studenti il giorno del suo 80° compleanno. È una riflessione sulle ultime cose di rara intensità, che manifesta l’acutezza con cui padre Rosino si è mosso nel pensiero teologico contemporaneo, non per puro interesse accademico o per orgoglio intellettuale, ma abitandolo come ricerca di ragioni per la fede e per la vita. Queste le parole di Rahner riportate dal padre:

“Un giorno gli angeli della morte spazzeranno via dai meandri del nostro spirito tutti quei rifiuti inutili che diciamo la nostra storia (anche se la vera essenza della libertà messa in atto rimarrà); un giorno tutte le stelle dei nostri ideali, con cui noi stessi avevamo arrogantemente drappeggiato il cielo della nostra esistenza, cesseranno di brillare e si spegneranno; un giorno la morte introdurrà un vuoto straordinariamente silente, e noi accoglieremo tale vuoto con fede, speranza e in silenzio come la nostra vera essenza; un giorno tutta la nostra vita precedente, per quanto lunga, ci apparirà come un’unica breve esplosione della nostra libertà, che ci sembrava estesa solo perché la vedevamo come al rallentatore, una esplosione in cui la domanda si è trasformata in risposta, la possibilità in realtà, il tempo in eternità, la libertà offerta in libertà tradotta in atto; un giorno scopriremo, terribilmente spaventati e ineffabilmente giubilanti, che questo vuoto enorme e silente, che noi sentiamo come morte, è in realtà riempito di quel mistero originario che diciamo Dio, dalla sua luce pura e dal suo amore che tutto ci toglie e tutto ci dona; un giorno da questo insondabile mistero vedremo emergere il volto di Gesù, il Benedetto, vedremo che esso ci guarda e che questa concretezza è il superamento divino di tutta la nostra vera accettazione dell’incomprensibilità del Dio senza forme: ecco, ecco all’incirca come vorrei, non dico descrivere, ma perlomeno indicare balbettando come possiamo provvisoriamente attenderlo, nel mentre sperimentiamo il tramonto stesso della morte come l’inizio di ciò che viene”.

Aggiungeva, padre Rosino, un breve commento di sintesi, secondo lo stile che gli era proprio: “In questo testo, commosso e commovente, l’esperienza umana del tramonto del giorno della vita terrena si salda con l’esperienza di fede del tramonto della morte nell’incontro con il Signore.”

Accompagniamo al sepolcro un uomo non comune, che lascia una traccia rilevante nel mondo della cultura, del dibattito teologico da lui vissuto come consapevolezza delle ragioni della fede vissuta e annunciata dalla Chiesa, come ricerca di linguaggi e visioni che consentano alla Parola di farsi comprensibile alle culture del mondo, favorendo l’incontro della Chiesa con l’umano e dell’umanità con la Chiesa, come indicato dal Concilio Vaticano II.

Del Gibellini teologo si è scritto molto e molto si scriverà ancora. Un suo confratello e caro amico ha detto: “La sua è stata una vita teologica, con un segreto desiderio: far entrare la teologia nel discorso culturale italiano, traendola dall’esilio cui era stata costretta, dandole una dignità culturale tale da poter essere ascoltata e contribuire a un mondo più umano. Per questo ha studiato accanitamente, per questo si è fatto editore, per questo ha molto viaggiato, per questo ha instaurato contatti in ogni parte de mondo, per questo ha scritto, per questo ha parlato, per questo ha ascoltato in silenzio le critiche, giuste e meno giuste. Ed è per questo che è considerato un unicum nel panorama teologico del nostro tempo.”

In effetti, basta citare i titoli dei libri e le collane che da padre Rosino hanno presso avvio per rendersi conto del ruolo che ha svolto nella teologia, particolarmente attraverso l’editrice Queriniana, ma allo stesso tempo creando una serie di contatti in ogni angolo del mondo dove si riflettesse seriamente su Dio e sull’uomo. Tanto da far dire a Jürgen Moltmann che essere approvati da Rosino era come ricevere il Nobel della Teologia.

In questo momento e in questa liturgia gli esprimiamo il nostro grazie, come discepoli, come amici e fratelli che hanno avuto il privilegio di conoscerlo e di ascoltarlo.

Siamo profondamente grati al Signore, perché nelle vicende contorte del nostro mondo nascono uomini che alimentano la speranza, combattono la violenza e l’ignoranza con le povere armi del pensiero serio, della ricerca paziente, metodica, che evita la superficialità e l’improvvisazione, che cerca il confronto con tutti per tendere a quella verità che possiamo intuire soltanto con l’umiltà di giocare bene la nostra parte nella sinfonia della vita.

Padre Rosino, nato 96 anni fa a Gambara (che gli è sempre rimasta nel cuore come la mamma Clementina e gli amici), è entrato a 12 anni nella Congregazione di San Giovanni Battista Piamarta, che da allora ha amato come la sua famiglia, rilevandone sempre le criticità ma sempre con l’amore di un figlio. Così come sempre si è sentito figlio della Chiesa, che indicava come comunità reale alla quale ogni esperienza cristiana, a tutte le latitudini, si deve richiamare, contribuendo anche con l’indignazione a renderla vera e fedele al suo Signore.

Dopo l’ordinazione sacerdotale, nel 1951, si laurea alla Gregoriana con una tesi sul peccato originale, insegna per alcuni anni a Maderno, nel seminario della Congregazione, si laurea in filosofia all’Università Cattolica con Sofia Vanni Rovighi studiando il pensiero di Teilhard de Chardin.

Gli anni del Concilio lo trovano pronto a intuire l’occasione storica che chiama la Chiesa e ripensare se stessa in rapporto al mondo e alle Scritture. Da qui in poi la sua vita è tutta dedita allo studio e alla riflessione sulla fede cristiana, tessendo, con padre Pier Giordano Cabra, contatti con i teologi e le teologhe di tutto il mondo, mettendo a tema il nostro tempo, per coglierne le domande drammatiche e i segni di speranza.

Il primo libro pubblicato da Rosino con Queriniana è significativamente “Tu sei il silenzio” di Karl Rahner. L’ultimo, quella “Meditazione sulle realtà ultime”, dove, accanto a molti altri pensieri, quello di Karl Rahner viene citato come particolarmente vicino al suo sentire. Al centro possiamo collocare quella “Teologia del XX secolo” che, tradotta in dieci lingue, rimane una pietra miliare per orientarsi nella teologia del Novecento.

In questa Eucaristia il Signore Risorto che si fa pane di vita eterna ci dà la certezza che, oltre la soglia della morte, il lavoro prezioso di padre Rosino trova il suo compimento, perché la sua persona, capace di sondare le altezze del pensiero e fragile nei limiti della sua umanità, si incontra con la Fonte della vita, quell’Amore e quella sapienza che ha cercato con rara intensità nella comunità dei credenti.

Nella prima lettura il profeta Isaia (2, 1-5) in questa prima settimana di Avvento ci ha proposto il sogno che percorre i secoli, la promessa che il giorno di Dio cambierà la qualità delle relazioni nel mondo: il sogno della pace, del confluire dei popoli in un progetto condiviso di impegno comune nel camminare nelle vie di Dio. Un progetto coltivato da Israele e reso possibile dalla morte e risurrezione del Signore. Un sogno che ha abitato il cuore e la mente di padre Rosino e che impegna ognuno di noi ascoltando questa Parola e accogliendola con fede.

Anche il Vangelo (Mt 8, 5-11) ci parla di un “andare oltre” che l’incontro con Cristo rende possibile: un Centurione pagano che scongiura un maestro israelita. Lo supplica mostrando compassione per un suo subalterno verso il quale non avrebbe alcun dovere. Lo supplica riconoscendo la distanza che lo rende indegno di accogliere il Signore. Lo supplica con totale fiducia di essere ascoltato. E la conclusione di Gesù, che parla di un incontro dei popoli dagli angoli opposti della terra, culture diverse e distanti che si mescoleranno, per opera misteriosa di Dio, con il popolo della Promessa.

“Andare oltre” dice la fraternità universale annunciata dal Vangelo, il superamento dei muri che le nostre paure, debolezze e presunzioni costruiscono incessantemente. Dice forse proprio quello che padre Rosino ha inteso fare con il suo lavoro di teologo e che ogni cristiano è chiamato a fare nei luoghi della sua presenza e nei limiti delle sue possibilità.

Oggi preghiamo per lui o, forse meglio, come lui scrive, “con lui”, perché il nostro stare al mondo sia un cammino che si lascia toccare dall’eternità, da quella luce dalla quale da sempre siamo attesi. Preghiamo che quanto padre Rosino ha fatto per la Chiesa, in particolare nel campo insostituibile della ricerca teologica, possa dare frutto attraverso l’impegno di tutti quelli che hanno conosciuto i suoi insegnamenti e la sua testimonianza di fede. Preghiamo anche con lui, che fino ai suoi ultimi giorni, si è interessato ai giovani aspiranti alla vita consacrata, affinché molti e molte scoprano la gioia di dedicare la vita a Dio e all’annuncio del Vangelo.

Nella predica fatta a Gambara nel giorno del suo cinquantesimo di sacerdozio, padre Rosino ha detto: “Chi è diventato sacerdote o religioso, di fronte alle molte possibilità che si presentavano, ha sentito in modo particolare il fascino del Vangelo. Ma il fascino del Vangelo lo dobbiamo sentire ciascuno di noi. Anche a noi è stato consegnato il Vangelo!” Anche se non riusciamo a capire i tanti fenomeni che capitano sotto i nostri occhi in un mondo frazionato e difficile da decifrare, a ciascuno di noi è affidato il Vangelo e lo dobbiamo testimoniare nella fede. Mi viene in mente in questo momento il testamento di San Paolo, testamento di straordinaria grandezza: “Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede!” […] Per correre nella vita occorre lungo fiato e secondo San Paolo il fiato della vita è la fede! Accogliamo queste parole dell’apostolo Paolo e rinnoviamo il nostro proposito di fedeltà al Vangelo!”. Possiamo considerare queste parole il suo testamento.

Anche a nome di padre Benedetto ringrazio tutte le persone che gli sono state vicine, sia negli anni dell’attività – come gli amici e i collaboratori dell’editrice –, sia in questi ultimi mesi: la comunità della Santa Famiglia, la dottoressa Franca Do, la sig.ra Adriana e il personale della Casa Santa Famiglia, che l’hanno assistito con amore.